Fu Cantor il primo a formalizzarne il concetto, aprendo la strada a molti grandi matematici tra la fine dell’Ottocento e il Novecento. Non “infiniti” ma innumerevoli sono i possibili riferimenti alla letteratura, l’arte, la filosofia, la teologia.
L’infinito è un po’ come il tempo per Sant’Agostino: tutti sappiamo che cosa sia finché non ce lo domandano. Alle prese con l’infinito, qualsiasi parola diventa inadeguata e genera frasi grottesche. Non posso dire, per esempio, che l’infinito è il più “grande tema” della matematica. L’aggettivo “grande” non funziona più, fa sorridere.
Nonostante questi trabocchetti espressivi, Odifreddi – logico matematico già professore all’Università di Torino e alla Cornell University di Ithaca, New York – ha aggredito l’infinito e lo ha costretto in un libro di 300 pagine dove è riuscito a mettere anche buona parte della sua eclettica cultura: poesia, letteratura, arte, filosofia, scienza, teologia (atea!) e, naturalmente, logica e matematica.
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